| Michele Buffolino

Cenni sulla evoluzione della telefonia

Prima di trattare i più evoluti sistemi di telecomunicazione, diamo qualche cenno di storia della telefonia.
Nel 1871 Antonio Meucci dimostrò come un apparecchio elettronico, sfruttando il principio fisico dell'induzione elettromagnetica studiata circa 50 anni prima dai fisici Faraday e Newmann, potesse trasmettere le vibrazioni generate dal suono della voce umana attraverso un cavo elettrico. Questi esperimenti segnarono la nascita del telefono. Bisognò però attendere il primo dopoguerra per l'utilizzo dei telefoni in conversazioni private, con la nascita dele prime utenze domestiche.
Inizialmente, la gestione delle linee telefoniche italiane era in mano a cinque società: STPEL (Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda), TELVE (Società Telefonica delle Venezie), TETI (Società Telefonica Tirrena), SET (Società Esercizi Telefonici) e TIMO (Telefoni Italia Medio Orientale), successivamente fusesi in SIP (Società Idroelettrica Piemontese), che, nata per la gestione delle linee elettriche, si specializzò poi nel campo della telefonia (Società Italiana per l'Esercizio Telefonico).
Nel 1925 si contavano già 130.000 utenze, che arrivarono poi al milione solo nel secondo dopoguerra:  gli italiani prediligevano i servizi di telefonia pubblica.
Nell'anno 2000 si è arrivati a circa venticinque milioni di utenze.

 

L'introduzione della telefonia mobile

Nel 1973, il direttore del settore Ricerca e Sviluppo della Motorola (www.motorola.com), il dott Martin Cooper, effettuò la prima chiamata da un apparato telefonico radio mobile: il cellulare. Dopo un altro decennio si cominciarono a vedere i primi costosissimi modelli in commercio.
In Italia, il telefono cellulare fece la sua comparsa negli anni novanta. A metà del decennio gli italiani possedevano circa cinque milioni di apparati cellulari; nei successivi cinque anni, il numero di telefoni mobili si è quintuplicato, fino a superare le utenze fisse.
Le tecnologie di comunicazione mobile, hanno dovuto fronteggiare il veloce incremento di utenze, cambiando approcci e protocolli. I primi apparecchi utilizzavano tecnologie di trasmissione analogica in banda 160, 450 e 900 MHz. 
La pietra miliare nello sviluppo della telefonia mobile è stata posta dalla trasmissione in digitale: nel 1988 furono definite le specifiche per lo standard GSM (Global System for Mobile Communications). La trasmissione in digitale, con una banda che offriva maggiori velocità, permette lo sviluppo di servizi evoluti. Tra questi c'è l'SMS (Short Message Service); l'SMS è un esempio di estensione del concetto di telefonia: si utilizza il telefono, per trasmettere dati non vocali.
Si passerà poi dal protocollo GSM al GPRS (seconda Generazione 2G), UMTS/EDGE (terza generazione 3G) e VSF OFDM (Orthogonal Frequency-Division Multiplexing quarta generazione 4G).
Chiaramente l'evoluzione ha interessato lo sviluppo degli apparati: i moderni cellulari (smartphone) sono dotati di sofisticati sistemi di interfaccia utente: display touch screen, fotocamere ad alta definizione, attivazioni vocali, sensori di movimento, di inclinazione ed accelerazione.
La connettività è garantita da Bluetooth, WiFi, Irda, GPS, oltre al modulo di connessione telefonico.

Cenni sulla tecnologia di identificazione a radiofrequenza

Nel 2004 Philips, Nokia e Sony fondano una società per promuovere e stabilire gli standard della tecnologia NFC (Near Field Communication).
La tecnologia NFC, può essere vista come evoluzione della tecnologia RFID (identificazione a radiofrequenza,  Radio Frequency IDentification) .
Il principio di funzionamento è il seguente: si sfrutta la comunicazione radio tra due dispositivi: il lettore, che genera un campo elettromagnetico ed il Tag, che eccitato dal predetto campo elettromagnetico, si attiva ed invia al lettore le informazioni in esso contenute.
In realtà il discorso è un pò più complicato: distinguiamo i tag (che prendono anche il nome di trasponder) in due macrocategorie: attivi e passivi.
Lo schema costruttivo dei trasponder passivi è semplice: essi sono costituiti da un chip, contenente le informazioni; un substrato che funge da supporto; un'antenna, che ha la duplice funzionalità di alimentare il chip mediante il campo magnetico generato dal lettore, e fungere da antenna per lo scambio di informazioni. Chiaramente, a causa della bassa tensione di alimentazione non si ha la potenza necessaria a trasmettere su distanze elevate. Quindi, il limite è di qualche decina di centimetri.
I Trasponder attivi, invece, sono più complessi: oltre al chip e all'antenna hanno anche un modulo di alimentazione che permette al dispositivo di trasmettere fino a duecento metri (tra i più potenti ricordiamo gli RFID utilizzati dal sistema Telepass di Autostrade spa). 
A seconda delle frequenze di trasmissione utilizzate gli RFID si classificano in LF (bassa frequenza), HF (alta frequenza), UHF( Ultra alta frequenza) e SHF. Chiaramente i trasponder passivi possono essere solo LF ed HF.
Grazie alla versatilità dei tag è possibile modellare il substrato a seconda dell'utilizzo: può essere di dimensioni e compattezza di una etichetta, oppure può assumere la forma di un cilindro e via dicendo.
Nel prossimo articolo analizzeremo più in dettaglio i principi di funzionamento dell'NFC.

 

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