Il ministro della funzione pubblica Baccini ha firmato una direttiva sulla tutela della riservatezza
Vietato utilizzare i dati dei cittadini per fini non istituzionali Vietato utilizzare i dati personali dei cittadini per fini non istituzionali. Vietato consentire ai privati non autorizzati di accedervi, vietato disperderli o distruggerli, vietato non modificarli se richiesto dall'interessato. Anzi, le informazioni personali non possono essere diffuse, fosse anche per scopi istituzionali, se l'azione amministrativa può essere svolta ricorrendo all'anonimato. E' una lunga sequela di divieti e di imposizioni la direttiva sulla privacy firmata il 9 febbraio scorso dal ministro della funzione pubblica, Mario Baccini. La nota, messa a punto dall'ufficio per il personale della p.a. del dicastero e che ha ricevuto il beneplacito del garante, Stefano Rodotà, è stata inviata a tutte le amministrazioni dello stato, alle agenzie, agli enti pubblici, anche non economici, e per conoscenze all'associazione nazionale dei comuni e all'Unione delle province. Comuni e province sono chiamati a loro volta a dare le linee guida ai propri uffici, sempre in attuazione di quanto prevede il decreto legislativo n. 196/2003, ossia il codice in materia di protezione dei dati personali, in vigore dal 1° gennaio 2004. La direttiva di palazzo Vidoni chiarisce alle amministrazioni quali sono le differenti soglie di tutela dei dati personali che dovranno essere rispettate, e come l'organizzazione del lavoro dovrà essere modificata in difesa della privacy dei cittadini. Il principio generale è che il trattamento dei dati personali è legittimo solo se necessario. Questa regola, ricorda Baccini, prescrive di predisporre i sistemi informativi e i programmi informatici in modo da utilizzare al minimo i dati personali e identificativi, escludendone il trattamento quando le finalità perseguite possono essere raggiunte mediante l'uso di dati anonimi o di modalità che permettono di identificare l'interessato solo in caso di necessità.
Italia Oggi - A. Ricciardi - art. pag. 40