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Il Garante della privacy mette sotto controllo una catena alberghiera per verificare se, al momento della raccolta dei dati personali, fornisce ai clienti una corretta informativa e chiede il consenso al trattamento delle informazioni. L'iniziativa dell'Authority nasce dopo il ricorso di un cittadino, che aveva chiesto all'hotel in cui era stato ospite di conoscere il destino dei dati messi a disposizione della reception. In particolare, il ricorrente aveva chiesto all'albergo, che fa parte di una catena, di sapere quali informazioni relative alla sua persona custodisse, la loro origine, la logica, la finalità dell'utilizzo, nonchè gli estremi identificativi del titolare e del responsabile del trattamento. Aveva, inoltre, preteso che i dati venissero cancellati e che dell'operazione fossero informati tutti i soggetti ai quali le informazioni personali erano state comunicate. Di fronte alla mancata risposta, il ricorrente si rivolgeva al Garante, chiedendo che le spese del procedimento fossero poste a carico dell'albergo. L'hotel, sollecitato dall'Authority, rispondeva che le richieste erano state evase: il cliente aveva, infatti, ricevuto la fotocopia del voucher dell'agenzia di viaggi presentato alla reception, la fattura per i servizi ottenuti in albergo e la scheda che, così come impone l'articolo 109 del Testo unico sulla pubblica sicurezza, si deve compilare nel momento in cui si arriva in un hotel. Non si era, invece, potuto procedere alla cancellazione dei dati, perchè la loro conservazione risulta necessaria per finalità contabili e fiscali. Giustificazione che il Garante ha ritenuto lecita, dichiarando, sul punto, infondato il ricorso.

Il Sole 24 Ore - A.Che. - art. pag. 21



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