Da tempo, debitori e creditori sono soliti ricorrere a concordati stragiudiziali per definire i loro rapporti per cercare di superare l’insolvenza, ma ciò è sempre avvenuto senza poter fruire della stabilità e certezza giuridica.
La legge 14 maggio 2005 n. 80 di conversione del D.L. 14 marzo 2005 n. 35 c.d. decreto sulla competitività art. 2 ha apportato modifiche significative agli istituti della revocatoria fallimentare e del concordato preventivo, introducendo nel nostro ordinamento la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Il legislatore, investendo direttamente le fondamenta stesse dell’impresa e del diritto delle obbligazioni, ed ispirandosi anche a modelli diffusi in altre esperienze nazionali, ha introdotto nuovi strumenti di composizione concordata della crisi di impresa, incentrati sulla valorizzazione degli accordi tra debitori e creditori e finalizzati al superamento della crisi ed/od a scongiurare che all’insolvenza debba necessariamente conseguire la cessazione dell’impresa.
L’articolo 182-bis tenta di risolvere innanzitutto proprio i problemi afferenti la certezza e stabilità giuridica, fino ad oggi mancante, con la previsione del controllo ad opera del tribunale fallimentare in sede di omologazione, lasciando per il resto ampia libertà all’autonomia delle parti.
L’art. 182 bis dispone che il debitore possa depositare congiuntamente alla domanda di ammissione concordato preventivo anche un accordo di ristrutturazione dei debiti. Si tratta di un istituto ampiamente conosciuto e diffuso nella prassi di molte legislazioni straniere di cui si attendeva una collocazione ufficiale anche nel nostro ordinamento, essendo unanime il riconoscimento della sua efficacia come strumento di risoluzione negoziale della crisi di impresa.
La locuzione ristrutturazione dei debiti, indica dunque, non l’estinzione ma la modifica della struttura (Scadenze, interessi, ammontare, garanzie) dei debiti d’impresa. La ristrutturazione non riguarda necessariamente tutti i debiti dell’imprenditore, ma è sufficiente una percentuale minima del 60%; i debiti residui, non considerati dall’accordo, devono essere soddisfatti integralmente secondo le modalità previste nel titolo costitutivo dell’obbligazione, ovvero, in mancanza, dalla legge.
Pertanto con l’accordo di ristrutturazione si può decidere l’estinzione totale o parziale delle obbligazioni mediante novazione, remissione o differimento delle scadenza, ma si può anche decidere di creare delle nuove obbligazioni, contraendo dei finanziamenti da utilizzare per l’estinzione delle precedenti obbligazioni.
La strada dell’accordo quale nuovo strumento per affrontare le crisi dell’impresa è percorribile fondamentalmente in due modi:
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Attraverso la predisposizione di un piano di ristrutturazione dei debiti,
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Attraverso la predisposizione di un piano di risanamento dell’impresa.
Il piano di ristrutturazione richiama la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, sia quale proposta contrattuale da sottoporre ai creditori che in via stragiudiziale, qualora incontri l’accettazione dei creditori che rappresentano il 60% dei crediti totali.
Il piano di risanamento, ha invece una sua autonomia in quanto interno all’impresa, un atto di autonomia dell’imprenditore, quindi non necessita dell’approvazione dei creditori.
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti dall’art. 182 bis si articolo in due fasi:
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Stragiudiziale, nella quale l’imprenditore in crisi rinegozia con i creditori la propria situazione debitoria
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Giudiziale, in questa fase l’accordo per essere produttivi di effetti, deve essere omologato, e quindi in debitore, deve chiedere con le stesse modalità previste per la domanda di ammissione al concordato preventivo, e quindi in ricorso al tribunale del luogo ove ha sede l’impresa, l’omologazione dell’accordo stipulato con i creditori.
La strada degli accordi di ristrutturazione dei debiti può essere intrapresa da gli imprenditori commerciali e non piccoli, condizione necessaria è ovviamente la sussistenza di uno stato di crisi, ricomprendendo sia la difficoltà temporanea che lo stato di insolvenza vero e proprio.
Autore
Tiziana Colucci
Administrative office manager
Faccio parte della SNAP dal 2005 ed attualmente sono responsabile dell’ ...