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In Italia sono stati acquistati già 1.250.000 dispositivi. Anche la Cina imbocca la strada della firma digitale. Il gigante asiatico ha emanato a fine agosto una normativa che dà alla firma elettronica lo stesso status legale di quella tradizionale, allineandosi così ai paesi occidentali più avanzati in questo campo, tra cui l'Italia. Una scelta imposta dal nuovo corso inaugurato a Pechino, che punta sull'innovazione per attrarre capitali esteri e diventare protagonista sullo scenario economico internazionale. In soldoni, la firma digitale è un'informazione che si aggiunge a un documento informatico con l'obiettivo di garantirne l'integrità e la provenienza. Tecnicamente, è basata su un sistema a chiavi assimetriche, di cui una è nota solo al firmatario (quella segreta), l'altra conoscibile da chiunque (chiave pubblica). La prima serve ad apporre la firma, la seconda a verificare che il documento provenga effettivamente dal titolare. La sicurezza di un simile sistema risiede nel fatto che a ogni chiave pubblica corrisponde una sola chiave privata. Al momento in cui riceve il documento con la cifra elettronica, il destinatario può verificare il mittente tramite appositi software.Nel primo trimestre 2004 il numero dei dispositivi per la firma digitale rilasciati in Italia ha superato 1.250.000 unità (dati del Centro nazionale per l'infomatica nella pubblica amministrazione). Secondo una ricerca del Fesa (Forum of european supervisor authority), nell'ottobre 2002 ammontavano ad appena 500 mila. Dunque, in un anno e mezzo sono più che raddoppiate.

Italia Oggi 7 - lunedì 11 - Luigi dell'Olio - art. pag. 16



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